Il Tribunale di Genova condanna per tentata circonvenzione l'amministratore di sostegno che aveva indotto l'amministrato a far testamento a persona a lui vicina, senza esito per il rifiuto dei notai

di Lucia Izzo - Rischia una condanna per circonvenzione di incapace l'amministratore di sostegno che induce l'anziano assistito a fare testamento nei confronti di una terza persona a lui vicina. La circostanza che non sia riuscito nell'intento per cause indipendenti dalla sua volontà fanno comunque scattare il tentativo di commettere il reato.


Lo ha chiarito il Tribunale di Genova nella sentenza n. 907/2019 (qui sotto allegata) condannando per il tentato reato di cui all'art. 643 c.p. (Circonvenzione di persone incapaci) l'amministratore di sostegno di un anziano signore ottantottenne che lo aveva indotto a fare testamento nei confronti della fidanzata del figlio.


L'uomo non era tuttavia riuscito perché i notai avevano contestato come l'amministrato testatore non fosse nelle condizioni di manifestare validamente la sua volontà.

Il caso

I due protagonisti della vicenda si erano conosciuti verso la metà degli anni '80, in quanto l'imputato era amministratore del condominio dove residenza l'anziano, e negli anni il loro rapporto era sempre stato di reciproco rispetto e di grande collaborazione nell'ambito dei comuni interessi condominiali.


Inoltre, con l'avanzare degli anni dell'anziano, il suo amministratore di condominio lo aveva anche assistito in numerose attività, a titolo gratuito, tra cui la gestione dei numerosi immobili di sua proprietà dati in locazione a terzi e per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi.


Le condizioni fisiche e psichiche in cui versava l'anziano, tuttavia, peggioravano nel tempo al punto da rendere necessaria la nomina di un amministratore di sostegno, ruolo che veniva assunto proprio dal prevenuto, in mancanza di parenti stretti della persona offesa, e in quanto indicato da quest'ultima come colui che già si occupava di tutte le incombenze relative al suo patrimonio immobiliare.


Secondo l'accusa, nel corso di tali relazioni, l'amministratore di sostegno, approfittando dell'incapacità di autodeterminarsi dell'anziano, aveva posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a indurre lo stesso a redigere testamento in favore (tra gli altri) della fidanzata del figlio, ma non vi era riuscito in quanto la persona offesa aveva manifestato innanzi al notaio dubbi sulla proprio volontà di testare.


La difesa, invece, sostiene che l'anziano si era convinto da solo a fare testamento per lasciare una ricompensa all'imputato in virtù dell'assistenza ricevuta nel corso degli anni; tuttavia, stante il divieto legale per l'amministratore di sostegno di essere nominato erede dell'amministrato, l'anziano avrebbe individuato, senza alcuna influenza esterna, il nominativo della ragazza quale propria erede trattandosi di soggetto prossimo all'imputato.

Circonvenibile anche la persona capace di intendere e di volere

Il Tribunale conferma la configurabilità del delitto di circonvenzione di persona incapace anche a titolo di tentativo e ritiene che nel caso di specie ricorrano tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 643 del codice penale.


Quanto all'abuso dello stato di infermità o deficienza psichica della vittima, nonostante fosse emersa una sua parziale capacità trattandosi di persona sana di mente e capace di intendere e di volere, la stessa doveva ritenersi comunque circonvenibile, in quanto facilmente influenzabile.


Inoltre, dall'istruttoria espletata era emersa prova dell'esistenza di una situazione di disorientamento cognitivo della persona offesa, sia pur momentaneo e non gravissima, in ogni caso sintomatica di una forte vulnerabilità, al punto da non consentire all'uomo di gestire il proprio patrimonio e neppure la propria persona.


Anche gli elementi evidenziati dal personale medico sono univocamente sintomatici, oltre che di suoi sfasamenti rispetto alla realtà, di una sostanziale incompatibilità tra le condizioni dell'anziano ed il libero compimento da parte dello stesso di atti gestione patrimoniale, onde di una situazione tale da renderlo, sotto tale aspetto, assoggettabile alle pressioni.

Lo stato di suggestionabilità

La stessa giurisprudenza conferma come, con il reato di circonvenzione di incapace, il legislatore abbia inteso salvaguardare i soggetti che, trovandosi in situazioni tali da renderli particolarmente assoggettabili alle pressioni, agli stimoli e agli impulsi che altri esercitino su di loro, siano facilmente determinabili e coscientemente indotti al compimento di atti per loro stessi o per altri pregiudizievoli.


Di conseguenza, qualsiasi persona, seppur capace di intendere e volere, può in concreto venirsi a trovare in situazioni tali da diminuire la propria capacità di autodeterminarsi liberamente e per conseguenza in uno stato di suggestionabilità, onde di circonvenibilità, rilevante nella prospettiva di cui all'art. 643 del codice penale.


Appare dunque evidente lo stato di assoggettabilità a stimoli e pressioni in cui versa la persona molto anziana e priva di parenti vicini che lo seguano quotidianamente, come la vittima nella vicenda in esame, nei confronti di chi le presti assistenza, come pacificamente fece l'odierno imputato, in qualità di suo amministratore di sostegno ed amministratore del condominio ove viveva, i cui rapporti, per stessa ammissione dell'imputato, furono tanto intensi da poter senza dubbio ritenere che l'anziano facesse pieno affidamento su di lui.


Infine, quanto alla prova del fatto che, se non fossero intervenute circostanze esterne, la vittima avrebbe posto in essere atti per se stessa o per altri dannosi, è pacifico che, se i notai non avessero rilevato lo stato confusionario in cui versava l'uomo, la volontà di costui di disporre per testamento del proprio (consistente) patrimonio mobiliare e immobiliare sarebbe stata certamente influenzata da terzi, con conseguente lesione del diritto di testare liberamente e con conseguente lesione delle spettanze successorie di eventuali altri eredi.


Scarica pdf Tribunale di Genova, sent. n. 907/2019

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